Giovane militare Gianni e Rodolfo Mitica Vespa: in gara Sempre avanti Birmania Radio Monte Grappa

Testo più grande per leggere meglio? Premi il bottone "Ingrandisci"


Ritorna alla dimensione di base:

Sei in : La guerra _ Acquafondata _  Pagina 1 di 1

Il 23 gennaio viene rimosso il generale Dapino e subentra il generale Umberto Utili, uomo con una personalità spiccata, ferma, perspicace, diverrà l’idolo dei soldati.
Nell’assumere il comando invia un messaggio alle truppe: 

"Valorosi veterani del 1° Raggruppamento. Sono fiero di essere stato destinato a comandarvi. Nell’ora più amara e più difficile, quella dello smarrimento e dello sconforto, voi avete dato l’esempio generoso dell’azione ed avete versato il vostro sangue, che è sempre qualcosa di più prezioso delle chiacchiere, nella santa riscossa contro i germanici. Onore ai vostri Caduti, onore ai vostri feriti, ma onore anche al più umile di voi ragazzi, in piedi perché questa è l’aurora di un giorno migliore".

Con l’entrata del generale Umberto Utili cessa il 1° Raggruppamento Motorizzato Italiano e nasce il C.I.L. Corpo Italiano di Liberazione, forte di 25.000 uomini.
Il 4 febbraio 1944 la mia Batteria va in aiuto al fuoco delle batterie francesi ad Acquafondata, in provincia di Frosinone, a 10 chilometri ad est di Cassino.
[Vedi immagine da satellite - link esterno Google]

Arrivo ad Aquafondata verso la sera del 5 con il terreno tutto bianco per una abbondante nevicata. Il paese è semi distrutto, prima dai bombardamenti americani e poi dalle cannonate dei tedeschi, paesino posto sopra un cucuzzolo un pò più piccolo di Asolo. Con un artigliere cerco di raggiungere una casetta posta un centinaio di metri dalla strada, su per la montagna. Raggiunta la casa constato che vari colpi d’artiglieria hanno demolito la cucina e parte della stalla ove troviamo due vecchietti, marito e moglie, un asino ed una pecora (mancava il Bambin Gesù) un’altra pecora morta giaceva in un angolo colpita da una scheggia di granata, in altre due stanze bivaccavano soldati francesi e marocchini.

Dico all’artigliere Gervasini Carlo, varesino: "Non resto qui a dormire nella stalla, mezzo dentro e mezzo fuori, col pericolo che un marocchino mi faccia la pelle per fregarmi le scarpe". Non era una balla, casi di questo genere erano successi a Bari compiuti da questi personaggi oltre ad altri che è meglio non ricordare.
Ritorno in uno spiazzo pianeggiante, dove avevo sistemato i cannoni con i trattori ed automezzi; non trovando di meglio prendo una coperta e mi sistemo su un autocarro pieno di munizioni, protetto dal telone, almeno se nevica sono al coperto. È notte, ed i soldati sono ormai abituati a simili situazioni e non aspettano nessun comando dal superiore, ma ognuno cerca il posto più adatto ed accessibile, consapevole di questo cerco di addormentarmi sopra le cassette delle granate.

Dopo un pò una serie di scoppi a circa cento metri dal mio giaciglio interrompono il mio primo sonno; alzo il telo posteriore dell’autocarro e vedo alte fiammate a cavallo della strada che porta al paese.
Mentre osservo il bagliore degli scoppi sento un tonfo cupo e poi un soffio. Non mi curo di ciò, quando sento che Cesana Luigi, bergamasco, tutto agitato mi chiama: "Tenente è caduta dietro il suo camion". Vado fuori e non vedo niente di anormale, anche perché è buio... "Ma non vede niente" continua... e sempre più convinto: "Guardi, Tenente, il cratere di terra nera e attorno c’è la neve caduta oggi". Cesana aveva ragione, la granata cadendo non era scoppiata, aveva continuato la sua corsa e quando era a uno o due metri sotto il suolo era scoppiata formando un cratere di un metro circa di diametro coi bordi neri del terriccio portato in superficie.
Dissi... "Cesana, cinque metri più corta e per noi due guerra finita". Lui di rimando: "Tocca i ball Tenente» ci mettemmo a ridere.

Al mattino si doveva portare tutta la batteria, vicino al Passo di Serre, a circa cinque chilometri da Acquafondata,in quel settore operavano i francesi e questi avevano bisogno di un’artiglieria che potesse battere i punti morti dei loro cannoni, i nostri obici 100/22 erano adatti per questo avendo il tiro a parabola. Ma i nostri trattori avevano il battistrada delle coperture adatto per la sabbia del deserto (erano in Sicilia pronti per imbarcarsi per la Libia ma non fecero in tempo ad andarci per lo sbarco americano nell’isola).
Il capitano cerca con del ferro di attorcigliare le ruote per far presa sul terreno, ma dopo alcuni metri di marcia, tutto si disintegra con un mare di «moccoli» da parte di tutti.
Il giorno dopo 5 "Treassi" americani, in dotazione ai francesi, trainano i nostri 4 cannoni e le munizioni su per la montagna in un posto adatto solo per i lupi.
Mettiamo i cannoni dietro una collinetta, più lontano le cassette delle granate, le tende sparse sul lato sud, inoltre utilizziamo delle buche fatte dalle fanterie durante l’avanzata, e sul lato sinistro della batteria costruiamo una latrina.

Trascorriamo una decina di giorni bevendo del buon cognac, per scacciare il freddo, sparando in abbondanza.
Appassionato di caccia, un giorno, Nardi Noè da Lonigo mi fece notare che aveva visto qualche tordo sugli alberi sparsi attorno alla batteria.
Il mattino seguente appostato dietro un albero, col moschetto, aspetto l’arrivo dei volatili e qualche tordo cade, preda che poi regalo ai miei artiglieri.
Sul finire della nostra missione un pomeriggio mentre stiamo sparando su un bersaglio tedesco, una salva di cannonate arriva attorno alla batteria.
Il Tenente Agnelli aveva comandato: "Batteria colpi quattro"... ma l’arrivo della salva tedesca aveva fatto correre gli artiglieri nei ricoveri.
Al quarto pezzo c’ero io ed il capo pezzo, Prospero Aguzzoli, da Reggio Emilia che tentava di andarsene come i suoi compagni... "Fermo" gridai "prendi la granata e carica"... "Ma sparano Tenente"... "Muoviti carica" gridai; pronto l’Aguzzoli caricò il cannone ed assieme sparammo i 4 colpi. Come per incanto il nemico tace, forse i nostri colpi hanno prodotto un danno?... oppure il compito nemico era finito?... non si saprà mai!
Però per tutto il rimanente periodo che fummo in quella postazione il nemico non si fece più vivo.
Fatto curioso, le granate tedesche erano esplose un pò da per tutto, qualcuna in mezzo alla linea pezzi, senza danno alcuno, ma l’unico obiettivo militare colpito era... la latrina!... con uno spargimento di "me... rendina..." per un raggio di cinquanta metri.
Dopo 10 giorni la fanteria francese, con i marocchini, si muove e conquista delle postazioni nemiche, il nostro compito finisce, e viene dato l’ordine di "Allestire per la marcia" e così abbandoniamo la postazione. Verso le quattro del mattino arrivano due Treassi, guidati da francesi, per trainare i primi due cannoni e portare il tutto sul piano a disposizione di nuovi ordini.
La prima spedizione viene affidata, come al solito, al sottoscritto; salgo sul primo autocarro e piano piano mi avvio su una strada stretta e pericolosa.
Ad un certo punto trovo altri due Treassi che mi sbarrano la strada. Uno era scivolato, con le tre ruote destre, fuori della carreggiata e non si fidava a proseguire, era sopra uno strapiombo di circa 150 metri. Il secondo autocarro oltrepassa quello inclinato e lo aggancia con la corda di traino in dotazione. Tutto è pronto, i due autocarri ingranano la marcia, quello inclinato, al muoversi, s’inclina sempre di più e ad un tratto precipita giù rotolando su se stesso tre volte, fermandosi in posizione perpendicolare alla strada trattenuto dalla corda di traino dell’altro automezzo.

Siamo tutti col fiato sospeso, cosa è successo all’autista entro l’automezzo dopo tutte quelle piroette? I compagni chiamano: "Antoine, Antoine, reponde Antoine!" nulla, Antoine non risponde... chiamano ancora e dopo circa due minuti sentiamo una voce rauca: "Tout va tres bien". Il povero autista con le piroette aveva momentaneamente perso i sensi ma nessun altro danno. Mi fanno passare e così arrivo al levar del sole sul piano dove un gruppo di soldati francesi mi offrono dell’ottimo caffè.