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Sei in : La guerra _ Monterenzio entrata a Bologna _  Pagina 1 di 1

Arriviamo a Monterenzio, posto 22 chilometri a sud di Bologna, verso le 12 del 20 Marzo 1945. 
Nel centro del paese c’è un bivio, voltando a destra si sale dopo circa 4 chilometri, su un monte alto 578 metri chiamato, come il paese: Monterenzio. 
Più avanti sulla strada per Cà Bazzone, Mercatale, Bologna a circa 500 metri ci sono i tedeschi. Il bivio è alla portata di un mortaio: i tedeschi quando vedono un mezzo imboccare il bivio lo accolgono con una tempesta di colpi.
Due sono le cose da farsi
: o tentare se la va o la spacca e di gran velocità affrontare il bivio e poi dileguarsi tra le case del paese, o aspettare la notte; però i quattro chilometri che ci separano dalla nostra nuova postazione sono da percorrere su strada sterrata, stretta con il pericolo di finire in un burrone. Aspetto una mezz’ora che i tedeschi si sbizzarriscono con i loro tiri e poi grido all’autista Cribioli Luigi: «Via a tutta birra e che Dio... ci protegga». 
Il trattore con attaccato il pezzo e l’avantreno che porta le munizioni, parte con uno scatto, imbocchiamo il bivio e su per la montagna. 

I tedeschi sono stati gentili non si sono fatti sentire, e dopo circa quattro ore, con questo giochetto tutta la batteria è in postazione inseguita da pochi colpi di mortaio; forse i tedeschi non avevano una scorta sufficiente di proiettili e sparavano a rilento rispetto al nostro primo arrivo. Siamo in una valle discendente verso sud con postazione di difficile accesso, dietro a noi c’è la quinta batteria. Le nostre granate alla partenza sorvolano un castello vetusto e quasi rudere. Su un leggero piatto terreno, nei giorni che seguono, costruiamo un campo da pallavolo, e così abbiamo anche il diversivo e lotte tra i componenti dei 4 pezzi e tenda comando. 
Si spara tanto di notte, con tiri isolati ed a intervalli cronometrati: ogni venti, trenta, cinque, sette, quaranta secondi su strade, crocicchi, camminamenti, per ostacolare i rifornimenti ai tedeschi e rendergli la vita alquanto difficile. 
Un fatto curioso:un giorno assistiamo ad una lite tra due contadini, per il possesso di un asino; non so dove avessero le rispettive case, perché sulla zona tutto era montagna. Ognuno asserisce essere il proprietario della bestia; probabilmente nessuno dei due lo era; ad un tratto uno tira fuori una pistola e con tre colpi ammazza il povero asinello e scappa via inseguito dall’altro contendente che lo sta inseguendo brandendo un coltello. I miei artiglieri, in un batter d’occhio scorticano la parte posteriore dell’animale e subito preparano il fuoco per cuocere le ricavate succose bistecche del quadrupede conteso. 

E qui, più che mai, entra in ballo il vecchio proverbio: "Tra i due litiganti... "l’artigliere"... gode». Rimaniamo sul colle di Monterenzio fino al 20 aprile 1945, ma proprio agli ultimi spari, contro i tedeschi, succede un fatto grave alla quinta batteria. L’artigliere Bruno Busatta nell’introdurre la granata nel cannone batte l’ogiva nella culatta e l’ordigno gli scoppia tra le mani uccidendo: il Busatta, colpito in pieno petto dalle schegge, il capo pezzo sergente Turrini Ernesto, una scheggia gli aveva scoperchiato il cranio e ferisce al volto il cap. magg. Trentin Antonio. Qui entra in campo il s.Tenente Fermo Rizzi e tutti i fatti che seguirono dopo questa terribile disgrazia sono stati riportati con miei scritti sul «Resto del Carlino» di Bologna prima e dopo sulla nostra rivista «Il Secondo Risorgimento d‘Italia». 

"Per l’incidente il cannone è totalmente fuori uso e nasce il problema di ricompletare la 5ª batteria ed unitamente all’autista Bruno Sembenini, con trattore TM, vengo incaricato di andare a San Giovanni Valdarno a ritirare ugual tipo di cannone là in deposito". 

Parto la sera del 19 aprile e nella notte effettuo l’operazione di ritiro, riparto alle 4 del 20 aprile per il rientro a Monterenzio. Passando da Firenze, all’alba, incrocio strilloni che annunciano "Gli Americani hanno tagliato la Via Emilia a Ponte Samoggia" (località ad ovest di Bologna) il che significa che il fronte si era messo in movimento. Continuo la marcia per il rientro al reparto e giunto nella località in cui avevo lasciato il reparto alla partenza ho la sorpresa di non trovare nessuno. Sono circa le 11 del mattino del 20 aprile. Dove trovare il reparto? 

Ritorno sulla statale e m’incolonno inserendomi tra gli altri reparti in marcia verso Bologna, marcia oltremodo lenta. Alle due del mattino (21 aprile) arrivo alla periferia della città. All’altezza dei Giardini Margherita, fra gli alberi, intravedo e sento minacciose tracce di raffiche di mitra. 
Mi fermo, esco dalla colonna, e vado in cerca di un Comando dal quale poter avere qualche notizia dell’ubicazione del mio Gruppo. Dopo varie peregrinazioni riesco a sapere che, probabilmente, il reparto si era diretto verso la località Sasso Marconi (notizia poi risultata errata). 
Originario della zona e senza minimamente pensare all’eventualità di spiacevoli incontri mi dirigo verso Casalecchio di Reno (lì c’è il ponte per attraversare il fiume) per risalire la via Porrettana, e la via più breve era l’attraversamento della città. Erano le 6 del mattino del 21 aprile: la città comincia lentamente e timidamente a risvegliarsi. Arrivato all’altezza di via Indipendenza (centro storico) un gruppo di una ventina di persone mi fermano e mi interrogano: "Dov’è il fronte? Chi siete? Come mai italiani al fronte?".

Capisco da questi interrogativi che nessuno era ancora passato da quelle parti. Dopo circa mezz’ora intraprendo la strada, seppur guardingo, per arrivare a Casalecchio di Reno. Sorpresa! Il ponte non c’è più (era stato fatto saltare). Una rapida consultazione della carta e, constatato che altra possibilità di portarsi a Sasso Marconi era verso Pianoro, inverto la marcia, ripercorro le strade del centro di Bologna e, giunto di nuovo ai Giardini Margherita, incontro una interminabile colonna di mezzi militari che entrano in città. Fatti circa cinquecento metri riconosco i reparti della Legnano e quindi il mio Gruppo. 

Ora dopo quanto appreso dal racconto del s.Tenente Rizzi a chi spetta la palma di Primo entrato a Bologna? A Voi non ardua sentenza. A Bologna ci accampiamo alla periferia su uno spiazzo non tanto esteso. Qui conosco Valeria e spesso andiamo a far l’amore nell’autoblinda, automezzo, che spesso guido con grande gioia ma che ha un posto guida ristretto per consentire certi movimenti "speciali". Vicino ai miei pezzi c’è una «Cicogna», (aereo leggero da ricognizione). Una notte un aereo tedesco vedendo, col chiarore della luna, l’apparecchio con altri mezzi attorno, credendo di vedere un piccolo aeroporto, sgancia una bomba di grosso calibro, che cade a circa 50 metri dalla mia autoblinda e a 80 dalla Cicogna. Per fortuna niente danni, solo un grande cratere e vetri rotti in tutte le case circostanti. Via anche da Bologna, di notte passiamo il Po su di un ponte costruito sopra delle barche e qui un fatto curioso. La marcia per l’attraversamento procede lentamente, quando vedo un’automobile parcheggiata lungo l’argine del fiume, probabilmente utilizzata dai tedeschi, come ultimo mezzo di fuga. Due dei miei artiglieri scendono in corsa dal trattore e con velocità da Formula Uno, smontano una ruota, dopo breve rincorsa, la gettano al volo sul trattore. 
In quel momento le coperture valevano molti soldi, erano praticamente introvabili.