Nel Veneto, la bizzarra collina del Montello pare una testuggine addormentata nel piano, in luogo delle rubinie d’oggi la coprivano densi roveri e quercioli che facevano romitaggio di monaci e altre meditative anime, ma pur rifugio sinistro di fuggiaschi o di banditi.
Il Montello dal latino "Monticellus" si alza di circa trecento metri sul piano, affacciato a bordo all’ampio greto del Piave. Cerniera tra le posizioni difensive italiane, fu teatro di sanguinosi combattimenti nel giugno 1918, per l’offensiva austriaca e la controffensiva italiana.
Un circuito stradale di 37 chilometri ne compie il giro tra graziosi paesini e ville patrizie con sparse osterie e ristoranti meta di turisti domenicali.
Ai piedi di questa collina dal lato sud-ovest, troviamo Montebelluna, città che il suo nome nacque dall’unione di Montello con Bellona, una grotta quest’ultima esistente tutt’ora a Nord del paese.
A Montebelluna c’è la stazione ferroviaria con due linee, una proviene da Treviso, l'altra da Padova, e qui si uniscono per andare in un unico convoglio a Calalzo.
Un giovane proveniente da Lancenigo, Francesco, svolgeva il suo lavoro in qualità di Capo Stazione, mentre una ragazza di campagna, Maria, era cameriera nel vicino albergo al Gallo.
I giovani si conoscono, e come fanno tutti i mortali, dopo un fidanzamento, si sposano nel Novembre del 1919.
Trovano un appartamento in affitto dal ricco proprietario Polin in Piazza Guarda, posto a circa cento metri dalla stazione e senza attendere tanti preamboli, concepiscono un marmocchio che viene alla luce il 10 Agosto del 1920 a cui viene dato il nome di Giovanni-Emilio in onore del nonno Giovanni e dello zio materno, Emilio, morto nella grande guerra del 1915-1918.
Aperto gli occhi questo Giovanni, battezzato dai genitori e parenti in Giannino,che poi a vent’anni verrà abbreviato in Gianni cresce un pò discolo e scavezzacollo.
La casa, ove abitava, aveva un ampio cortile posto a sud della stessa dove vivevano varie famiglie: ad est Pigatti famiglia numerosa, poi subentrò Sergio e Maria Pia Furlanetto, ad ovest la signorina Amelia, resterà nubile fino a tarda età, con sua madre di nome Perdi, faceva la fruttivendola con un banchetto in Piazza Guarda, segue la famiglia Riccardo Gallina, buona persona, ha due figlie: Maria e Pinetta, sarà Maria la mia prima fidanzatina di gioventù; proseguendo troviamo Otello un fiorentino con moglie, non hanno figli, commerciano in "strasse... ossi... fero vecio...", per ultimo Antonio Agnoletto, impiegato di banca, con moglie Assunta e due figli: Gino e Ignazio.
Gino sarà mio amico carissimo, di giochi e di studio, per tutta la vita mentre, purtroppo, Ignazio muore a soli 15 anni. Ogni estate vado a Lancenigo ove abitano i genitori di mio padre: il nonno Giovanni, fattore della tenuta di proprietà del conte Gradenigo, insigne medico chirurgo, esercita in un ospedale a Roma, la nonna Elena, persona intelligentissima e la zia Teresina maestra elementare; nubile, insegnante del tempo passato, che incontrando i suoi allievi, dopo vent’anni, riceve da questi i ringraziamenti per come li ha preparati per intraprendere le scuole superiori. Spesso trovo sopra la sua tomba fiori freschi, il vecchio scolaro ricorda la sua maestra.
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