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Gianni alla Casa Bianca Unico capitolo di 4 pagine

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Sei in : I miei primi venti anni. _  Pagina 4 di 4

L’ultimo anno che frequentai le scuole medie fui ospite non più da Gino Agnoletto ma da un mio compagno di scuola, Mario Beda, in Via Villette vicino alla stazione ferroviaria.
A fine studi, con Mario, andiamo a visitare Roma e Napoli e quello fu il primo viaggio, precursore della lunga serie di viaggi che feci in seguito per tutto il mondo.
Gianni a caccia con papàA 17 anni, con il consenso del padre posso avere la licenza di caccia e così questo nuovo paese mi avvince e trascorro giorni felici in mezzo ad amici, che pur non avendo una coltura eccelsa avevano, ed hanno tuttora, animo buono ed onesta amicizia.
Il personale della stazione ferroviaria era composto da un unico manovale, Massimo Visentin, addetto agli scambi, la linea Castelfranco Veneto Montebelluna era ad un unico binario e Fanzolo era il punto d’incontro di due treni, uno proveniente da Castelfranco Veneto e l’altro da Montebelluna.
Massimo raccontava ogni tanto le sue imprese di guerra, e le ripeteva a non finire, aveva un figlio, Beniamino detto Momi, della mia stessa età.

Con la promozione alle superiori mi iscrissi all' Istituto Tecnico per Geometri "Belzoni" di Padova in via Speroni.
Qui conobbi tanti cari amici: Baldini Zeno figlio di un Generale, Cattapan Guido figlio di un importante costruttore edile, Sartori Gino, Zerbini, Aventi, Turolla, Capovilla, Nassuato, Agostini, Capisani, due studenti con il mio stesso nome e Lantana Mario, quest’ultimo abile caricaturista ritraeva i professori nelle più svariate forme canzonatorie.
Militavo nella squadra di calcio dei Geometri nel ruolo di portiere e la squadra dei Ragionieri era spesso la nostra avversaria: "Salta fossi" contro "Schinca penne".

Trascorsi quattro anni indimenticabili a Padova, città con una pianta urbana tra le più irregolari, in cui non è facile rintracciare il filo della storia, il profilo spaesante delle cupole delle basiliche del Santo e di S. Giustina, i portici lunghi e bassi della città vecchia, i salici che piangono lungo il Bacchiglione e il Prato della Valle ombrato di olmi (a quel tempo) e di marmi.
Padova è dotta, perché da oltre sette secoli fan parte della sua vita, studenti e docenti dell’università, e per il visitatore, con Giotto agli Scrovegni, Donatello al Santo, il giovane Tiziano alla Scuola, un crocevia ineluttabile dell’arte italiana.
Quì conobbi il Varietà, spettacolo teatrale con una schiera di ballerine che ti mostrano tutto ciò che di bello Dio abbia creato, contornate da celebri attori: Carlo Dapporto, Renato Rascel, Erminio Macario, Vanda Osiris ed altri. Il mio profitto a scuola è sempre ottimo, ogni anno promosso con la media del sette e se non fossi stato figlio unico potevo avere, come premio, riduzione di metà tasse scolastiche.

All'ultimo anno scolastico al sabato, sempre a Padova, frequento il corso pre militare, così vuole il regime di Benito Mussolini. Per vari anni abita a casa mia la cugina Silva; sua madre, zia Elvira, moglie di Arcangelo di professione contadino. In quel periodo i contadini sono alla mercè dei ricchi proprietari terrieri, hanno un reddito piccolissimo, metà del raccolto è del signorotto.
La bella Silva col tempo si affeziona alla mia famiglia, mio padre la considera una figlia ed è per me una sorella.
Nel 1937 mia zia Teresina si ammala e dopo un mese tra lo strazio di nonna Elena ci lascia.
Nonna Elena, veneziana, era nata nel 1854, suo padre era un costruttore di organi per chiese ed organini da suonare per le piazze, spesso mi raccontava della vita avventurosa da giovanetta. Ogni tanto i genitori avevano delle perquisizioni in casa dalla polizia. La nonna veniva messa a letto, finta ammalata, e sotto il suo materasso mettevano i fucili che dovevano servire per i patrioti del risorgimento italiano.

Dopo il diploma di geometra m'iscrissi a Venezia all'Università Cà Foscari, facoltà di Economia e Commercio. Nel frequentare tale scuola divenni amico del professore Amintore Fanfani che dopo la Guerra fu ministro in vari dicasteri del nuovo governo italiano.
Ebbi vari incarichi da questo insigne docente, tra l'altro una ricerca sul tema: "I poveri del mio paese". Così un giorno, concordato con il professore, all'ora di lezione di quest'ultimo, salii sulla cattedra e il prof. Fanfani prese il mio posto su un banco vicino agli altri studenti.
Feci la lezione sul tema affidatomi con interventi sia del professore che dei miei colleghi di studio. Questo era il metodo di lezione che adottava questo personaggio. Il mio trattato fu poi pubblicato da Fanfani su un suo libro che usci poco dopo.
Sostenni parecchi esami prima e dopo la mia chiamata alle armi, ma in seguito al mio primo impiego e successiva iscrizione al Collegio dei Geometri abbandonai il corso quando ero arrivato alla soglia di meno quattro esami dalla laurea.

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