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Gianni alla Casa Bianca Unico capitolo di 4 pagine

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Sei in : I miei primi venti anni. _  Pagina 3 di 4

Nel 1935 vado a Treviso per sostenere l'esame di ammissione alle scuole superiori.
Qui successe un giallo: correva voce che non ci fossero dei legami idilliaci tra il mio preside e quello dell’Istituto "Riccati" di Treviso. Su 25 studenti che si presentarono a Treviso, 8 furono promossi e 17 bocciati tra i quali il sottoscritto (forse si voleva così dimostrare il cattivo insegnamento dell’Istituto di Montebelluna).
Ciò si deduce dal fatto, quando si fa un compito, di italiano o di latino non si ha l’esatta percezione di aver fatto bene o male, ma all'orale si possono constatare le domande a cui si risponde giuste o sbagliate e quindi trarne il voto.

Esame di geografia: ero uno degli ultimi e la professoressa, alquanto stanca del suo lavoro, mi chiede: "Dimmi le città principali della costa Nord dell’Africa". Mi sembra d’essere ancora lì, il volto arcigno di quella professoressa, se fosse rimasto tale, lo riconoscerei anche adesso che sono trascorsi più di 69 anni.
Risposi con la massima sicurezza: "Cairo, Alessandria, Bengasi, Tripoli, Tunisi,Algeri, Orano, Tangeri". Lei proseguì: "La capitale della Francia?" Pensai che la domanda fosse facile e prontamente risposi Parigi. Tutto fini così ed uscii raggiante dicendo tra me: "Questo è un sette".
Ed ecco il giallo: forse pilotata, la famigerata professoressa mi diede quattro. Questo significava come se non avessi risposto a niente. Fui bocciato e dovetti ritentare l’anno seguente; nel frattempo il preside del "Riccati" venne cambiato con altra persona, per cui fui promosso senza alcuna difficoltà.

Sul finire del 1935 mio padre viene trasferito da Montebelluna alla stazione di Fontaniva con promozione (sul berretto rosso cinque fili d’oro).
Ma c’è il dilemma che sto frequentando l’ultimo anno di scuola media e da Fontaniva devo prendere il treno per Treviso, scendere a Castelfranco Veneto per poi prendere quello che fa Padova Calalzo e scendere a Montebelluna, una faticaccia due volte al giorno.
Per fortuna c’è il capostazione di Fanzolo, De Cecco, che vorrebbe andare a Feltre perché la moglie vuol vivere in una città più grande del paesino di Fanzolo.
Tutto viene appianato e trasferimento di Moro a Fanzolo, piccolo paese ma con una bellissima Villa dei conti Emo, progettata dal Palladio con pitture dello Zelotti; si dice che il Veronese, maestro dello Zelotti, abbia dato qualche pennellata alle stupende figure in aiuto del suo allievo.
Mio padre era felice per il trasferimento: la cancellata della nuova stazione confinava con un rettangolo di circa un chilometro per tre e così, tra un treno e l’altro, poteva sbizzarrirsi alla caccia a suo piacere.

Per me partenza da Fanzolo alle 7,30 del mattino con treno che dopo 12 minuti mi portava al vecchio paese e a sera alle 20,15 mi riportava a casa.
Come pensione sono alloggiato da Gino Agnoletto, che nel frattempo si era trasferito in centro di Montebelluna. Ricordo che alla morte del figlio Ignazio la madre di Gino, Assunta, preparava ogni giorno la tavola anche per il figlio scomparso cosi trovava il desco pronto se un giorno entrasse in casa!
Quanto grande è il dolore e l’amore di una madre per un figlio.

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