Giorno di Pasqua, per noi un giorno
come il solito, un pò di dolce al pranzo di mezzogiorno e
nulla di più.
Alla sera m’addormento nella mia brandina costituita
da un telo da tenda
abbottonato e con pali di legno ai lati, il tutto su due cassette di
munizioni con sopra un pagliericcio,
una coperta sotto ed una sopra.
Verso l’una squilla il
telefono: "I tedeschi attaccano Monte Marrone" e
subito sento un colpo di cannone dei polacchi posti alle nostre spalle.
Una massa rilevante di tedeschi stava tentando la conquista di monte
Marrone. Favoriti da una profonda oscurità, approfittando
della nevicata e calcolando sulla poca vigilanza che
supponevano per la notte di Pasqua, erano riusciti a cacciarsi sotto le
quote.
Anzi,
superando lo sbarramento delle mine, un nucleo penetra nei camminamenti
degli alpini, seminando
panico e disorientamento.
L’allarme fu dato dallo schianto di una bomba a mano e dallo
scoppio di una mina. Le sentinelle sorprese sparano, gli alpini balzano
lanciando bombe all’impazzata. Tutto il Monte Marrone
è in fermento. «I tedeschi sul Marrone, i tedeschi
nelle postazioni alpine». Il grido corre, le artiglierie
intervengono. Tutto il fronte è in allarme.
I bravi soldati, riavutisi dalla prima sorpresa, si lanciano sugli audaci, affrontandoli nei loro stessi camminamenti.I tedeschi sono schierati in tre compagnie, distanti un 150 metri una dall’altra. La prima riesce a penetrare ma la seconda e la terza sono fermate dal fuoco di sbarramento dell’artiglieria italiana e polacca che attuano un volume di fuoco terrificante, un vulcano in eruzione. In due ore più di 9000 colpi sparati!
Il nemico fu schiacciato, lasciando sul
terreno cinque morti, tre
rinvenuti subito, due nei giorni successivi ed un maresciallo ferito;
sembra però che abbiano subito perdite assai più
forti dai segni lasciati sulla neve. All’interno della
postazione italiane rimasero due mitragliatrici, tre parabellum,
quattro Mauser con dispositivo
lanciabombe, materiali vari, bombe e munizioni.
Il maresciallo tedesco ferito rimane intrappolato in un camminamento dove i suoi compagni non riuscirono a soccorrerlo. Dopo la battaglia gli alpini, con animo generoso, lo legano attorno ad una barella e riescono a calarlo giù per uno strapiombo di circa 50 metri e portarlo in salvo. Il tedesco è atterrito nel vedersi sospeso nel vuoto con la paura di precipitare, la manovra è ardua; memore inoltre dei suoi commilitoni che a Monte Lungo avevano ucciso i soldati italiani feriti.
Dopo un’ora di lavoro tutto finisce bene ed il maresciallo, quando è nel piano, cerca il portafoglio per dare dei soldi agli alpini, questi si mettono a ridere e gli offrono del vino. Commosso ringrazia più volte con: "Danke... danke... italiano...». Al mattino quando comincia ad albeggiare gli alpini vedono, davanti ai camminamenti, spuntare un fazzoletto bianco da dietro un albero. Era un tedesco che durante la notte, in tutto quel trambusto, non aveva rischiato di indietreggiare allo scoperto, con la paura di esser colpito dall’artiglieria, preferì starsene buono dietro il riparo e darsi prigioniero al mattino. Le perdite italiane ammontarono a 4 feriti.
Dopo questo
insuccesso non ci furono, altri tentativi tedeschi contro il monte
Marrone; il 10 aprile il suo possesso divenne
definitivo.
Una bianca gallina non so come capitò in batteria e dai soldati mi fu affidata. Di giorno pascolava attorno alla tenda ufficiali, di notte entrava e trovava un giaciglio alla destra della mia brandina. La chiamavamo la "ruffiana", il perché? Quando entrava un soldato, che normalmente era vestito male, non degnava di uno sguardo, ma se entrava un ufficiale, sempre un pò più elegante del soldato, lo circuiva con continui "co... co... cocodè... co... co" e girava attorno alle sue scarpe.
Quando noi ci si sedevano ai piedi della brandina, saltava sopra ed ascoltava con compostezza i nostri discorsi, girando la testa verso uno o l’altro dei dialoganti, come se fosse invitata al colloquio.
Una cosa impressionante per una gallina. Gli ospiti restavano incantati da simili mosse, le mancava la parola, ma le sue mosse rivelavano il suo parlare.