Giovane militare Gianni e Rodolfo Mitica Vespa: in gara Sempre avanti Birmania Radio Monte Grappa

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Per tutto il mio operato come combattente nel 1° Raggruppamento Motorizzato Italiano, nel Corpo Italiano di Liberazione ed infine nella Divisione Legnano ebbi le seguenti decorazioni: 

Rizzi, Agnelli, Salzilli,Venturini,Vitello, Margini, Salsi fotografati da Gianni

Finita la guerra e ritornato al mio paesello m’incontro con i compagni Fagotti, in varie parti della Toscana o dell’Emilia e rivedo con piacere, ufficiali: il comandante del Gruppo Vitello, Salsilli, Rizzi, Tosati, Poli, Butti, Tosi, Arvat, Pilato, sergenti Venturini, Aguzzoli, Bulzacchelli, cap. magg. Trentin, artiglieri Margini, Salsi, Sembenini, Goglio, Nardi, Morandi. 

Onoriamo una volta all’anno i caduti a Finale Emilia dove è stato eretto un monumento per tutti i caduti Alleati. In questa città feci un discorso agli studenti delle scuole medie analogo a quello tenuto alle medie di Vedelago nel marzo 2005 su invito del sindaco geometra Paolo Quaggiotto. Il Quaggiotto, persona intelligente e giovane, volle che rendessi edotti i ragazzi in merito alla Guerra di Liberazione dove s’immolarono migliaia di combattenti, tuttora dimenticati nei testi scolastici. 

Alla presenza di 150 giovani, del preside e del corpo insegnanti feci un discorso di ben 12 pagine, rievocando minuziosamente tutte le battaglie più importanti, con episodi di caduti in combattimento e terminando con queste parole: "Giovani, dopo quanto avete potuto conoscere attraverso il mio racconto sulla Guerra di Liberazione dell’Esercito Italiano dal 1943 al 1945 vorrei spendere due parole di riconoscenza per questi 4120 soldati che immolarono la vita,... dico la vita,... la cosa più grande che Dio ci abbia dato... la vita, l’amore, per la grandezza e l’indipendenza della loro terra. Questi 4120 eroi caddero senza nulla chiedere per la libertà d’Italia, eroi ed ancora eroi, scritta questa parola a caratteri cubitali. 

Tosi, Arvat, Rizzi, Agnelli, Aguzzoli, Salzilli, Moro

A scuola s’insegna la Storia Italiana e di tutti i popoli: l’Impero Romano con Traiano - Augusto - Giulio Cesare, il Risorgimento e la Riunificazione dell’Italia con Garibaldi - Mazzini - Cavour - Silvio Pellico, La Grande Guerra 1915/1918 con Enrico Toti - Cesare Battisti - gli eroi del Piave,... Libri... libri... ancora libri... documentari... discorsi... parate... bandiere al vento... ma per questi combattenti dal 43 al 45 pochi riconoscimenti. 
Ogni anno l'8 Dicembre l'Esercito Italia onora i caduti della Guerra di Liberazione con una cerimonia nel Sacrario di Mignano  Monte Lungo (qualche volta uno o due quotidiani ricordano l'avvenimento con un trafiletto di 10 o 15 righe). 
Per il Governo Italiano solo i partigiani sono le truppe che liberarono l’Italia. 
Qui non voglio denigrare l’operato dei partigiani, dei veri partigiani, non quelli dell’ultima ora, nei paesi che io ho liberato... i partigiani li vedevo il giorno dopo il nostro arrivo. Onore e gloria a tutti quei partigiani che morirono combattendo, soprattutto quelli dell’Italia settentrionale. 

È giusto che per i 4120 caduti da Cassino a Bologna per la Liberazione del suolo italico, in questi 60 anni, i politici e i governi che si alternarono al comando non abbiano mai speso una parola per onorare la loro morte e non Vi abbiano mai informato di questi epici fatti?
Solo Azelio Ciampi, anche lui combattente della Liberazione, li ha ricordati.
 
In un discorso a studenti, uno di questi mi chiese: "Valeva la pena che il soldato italiano entrasse in guerra contro i tedeschi, gli americani avrebbero comunque liberato l’Italia". Spiegai: "Con il gesto d’aiuto delle truppe italiane, noi eravamo amici di americani ed inglesi. Se noi l’ 8 settembre del 1943 fossimo ritornati alle nostre case, oppure sparsi per il meridione, chi non poteva andare al nord, un domani il governo italiano, a guerra finita, cosa poteva pretendere dagli Alleati, essendo un popolo vinto? Quale aiuto avrebbero dato alla nostra gente affamata e con distruzioni in varie città, ponti, ferrovie, strade, quanto tempo ci voleva per rimetterci in piedi e quindi soffrire ancora dopo cinque anni di guerra? Questi sono i fatti che ci portarono al tavolino della pace fieri del nostro operato". 

"Sicuro" dissi al termine di quel discorso "se tutti i caduti durante le tremende battaglie vissute tra il dicembre del 1943 all’aprile 1945 potessero resuscitare e vedendo... come i governi che seguirono trattarono questi eroici combattenti... direbbero, una volta risorti: "Valeva la pena che sacrificassimo la vita per simili personaggi e simili riconoscimenti?" A ogni fine discorso, sia questo fatto bene o male, gli ascoltatori applaudono in segno di cortesia. Non voglio nessun applauso alla mia persona, ma il vostro applauso sia... un onore che tributate come ricordo e riconoscenza a tutti gli Eroici Caduti della Guerra di Liberazione"». 

Ho ricevuto un applauso tanto grande che ne sono commosso anche ora che sto scrivendo queste righe. Ho constatato che il giovane a quell’età è puro, è ancora vergine dalle beghe politiche. Voglio citare uno scritto, esaltante le gesta di questi giovani caduti per la Patria. È del professore Raimondo Luraghi, combattente nella Seconda Guerra Mondiale: "Noi dobbiamo aiutare i giovani a "storicizzare" quel periodo grande ed eroico, con i nostri ricordi, con le nostre testimonianze. Pensando a ciò, la mia mente corre ad una osservazione che un grande storico del Risorgimento (e Martire della Libertà), Nello Rosselli, ebbe a fare nella sua biografia di un eroe del Risorgimento: Carlo Pisacane. 

Egli disse che la Patria, nel suo cammino, si avanza come colui che, dovendo varcare un torrente vorticoso, getta delle pietre per farsi un varco sicuro. Le pietre gettate per prime non si vedono più: esse sono giù, sul fondo, ove la corrente le ha sommerse. Ma il piede del viandante si può posare fermamente perché sotto di lui vi sono proprio quei ciottoli che nessuno scorge più ma sui quali gravano gli altri che gli consentono di procedere sicuro. Tale fu la funzione del sacrificio di Carlo Pisacane e degli altri Martiri e precursori; e tale fu pure la funzione di tutti quanti combatterono e morirono per la liberazione. 

È grazie a loro, sommersi ormai nel torrente della storia, che la Patria può procedere sicura verso il proprio avvenire. Quelle pietre ignote, su cui si fonda oggi la Patria, sono i combattenti ed i Caduti di Monte Lungo, di Filottrano; sono tutti coloro che si batterono e caddero sulle montagne e nelle valli; sono i martiri, impiccati, fucilati lungo le strade partigiane; sono coloro che soffersero e morirono in silenzio nei campi di internamento e di concentramento; sono loro che hanno ridato dignità e futuro all’Italia. Orbene: quando un paese ha avuto simili uomini, come si può mai disperare del suo futuro? 

Come si può non essere orgogliosi di appartenere ad un simile paese, di avere un giorno indossato con onore le stellette, le spalline, i distintivi partigiani di coloro che lottarono per la liberazione di questo paese? Quando si ha un simile patrimonio, si ha un domani; questo dobbiamo insegnare e trasmettere ai giovani, questa è la nostra funzione, affinché essi storicizzino tale eredità e non la lascino andar dispersa». 

Ho letto il libro "Ritorno a Monte Lungo" scritto dal professore Ernani Costantini, veneziano, - combattente, sergente allievo ufficiale in quella località, gli scrissi e commentando un racconto dell’inglese Alex Bowlby sulla battaglia di Monte Lungo, mi lagnai per lo scarso riconoscimento dei governi attuali; mi rispose con poche ma incise parole: "A noi è interessante essenzialmente l’aspetto umano di questa guerra e l’avventura di una generazione di ragazzi (ora attantenni) che ci hanno creduto. Si, pochi si ricordano di noi e in fondo ce ne dispiace. Ma non l’avevamo fatto, noi volontari, per questo scopo. A noi interessava restituire l’Italia agli italiani. Ci siamo riusciti? Mah!". 

Alfio Caruso nel suo bel libro "In cerca di una Patria" nel retro scrive: "Nei venti mesi di guerra al nazi-fascismo 86.000 militari italiani muoiono in battaglia e nei lager. Nessuno però parla mai di loro. Perché? 

Dopo 50 anni dalla fine della Guerra di Liberazione a Cassino alla presenza dell’allora Presidente Scalfaro vi fu una imponente parata con rappresentanze militari di ben dodici nazioni che parteciparono a questa guerra, compreso anche una rappresentanza germanica. Il mattino dopo, a questa cerimonia, con Agnelli, sua moglie Vally, mia moglie, Rizzi, Salsilli, stavamo prendendo un cappuccino in un bar in un paesino vicino a Cassino; vicino a noi c’erano due signori intenti a sorbirsi un caffè, noi stavamo ricordando le nostre battaglie vissute in quei paraggi, la Vally, nata a Merano, disse due, tre parole in tedesco al marito Silvestro; uno dei due signori subito si presentò avendo intuito che noi eravamo dei combattenti e per farla breve dopo discorsi e traduzioni, il signore era un ufficiale tedesco che aveva combattuto a Monte Lungo ed era stato ferito ad una gamba da un colpo di cannone italiano. 

Mi introdussi nel discorso e chiesi all’ufficiale il giorno del ferimento, mi rispose il 14 dicembre, io pronto: "Verso le 11 sulla quota 343". Mi guardò con grande stupore ed io continuai: «Vedi questi: il capitano Salsilli, il Tenente Agnelli e il s.Tenente Moro che quel giorno con la loro batteria ti ferirono». Ci guardammo intensamente e ci abbracciammo commossi

Cosa questa che credo sia più unica che rara. Prima pronti ad uccidersi, cinquant’anni dopo abbracciati e commossi commilitoni.

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